La cristallografia a raggi X è un mezzo estremamente preciso, ma anche difficile e costoso, per visualizzare l’esatta struttura di una data molecola o macromolecola in un reticolo cristallino. Poiché un insieme diversificato di materiali produce cristalli, inclusi sali, metalli, minerali, semiconduttori e varie molecole inorganiche, organiche e biologiche, la cristallografia a raggi X è essenziale in molti campi scientifici. Un cristallo è qualsiasi disposizione che si ripete regolarmente di celle unitarie che variano in dimensioni da meno di 100 atomi – cristallografia a piccole molecole – a decine di migliaia – cristallografia macromolecolare).
La cristallografia a raggi X è famosa per essere il primo strumento utilizzato per scoprire la struttura del DNA, ma è stata anche utilizzata per determinare la struttura del diamante, del sale da cucina, della penicillina, di numerose proteine e di interi virus. In tutto, sono state descritte oltre 400,000 strutture utilizzando la cristallografia a raggi X. Questi possono essere trovati nel database della struttura di Cambridge.
Per analizzare un campione mediante cristallografia a raggi X, occorre innanzitutto ottenere un cristallo di elevata purezza del materiale da studiare con una struttura molto regolare. Questa è spesso la parte più difficile poiché numerosi cristalli hanno difetti su scala nanometrica che rendono difficile la cristallografia a raggi X.
Successivamente, il campione viene sottoposto a un intenso fascio di raggi X di lunghezza d’onda uniforme. Questi raggi X producono uno schema di diffrazione mentre si riflettono sul campione. Questo modello di diffrazione è in qualche modo simile a quello che si osserva quando più pietre vengono lanciate in uno stagno – dove le onde si incrociano sono picchi che compongono il modello di diffrazione.
Ruotando lentamente il cristallo, martellandolo con raggi X e registrando meticolosamente i modelli di diffrazione ad ogni orientamento, è possibile ricavare una mappa della densità elettronica. Questa mappa della densità elettronica viene quindi utilizzata per formulare un’ipotesi sulla struttura atomica a cui corrisponde. I pattern di diffrazione vengono quindi analizzati alla luce della struttura ipotizzata e, se sembra plausibile che la data struttura possa produrre il pattern di diffrazione osservato, si trae una conclusione. Il risultato viene quindi caricato su database centrali del tipo menzionato in precedenza.