L’origine dell’aria come la conosciamo inizia con la catastrofe dell’ossigeno, nota anche come la grande ossidazione, avvenuta circa 2.7 miliardi di anni fa. Prima di questo, il livello di ossigeno nell’aria era di circa 1/50 di punto percentuale. Questo è simile al livello di ossigeno presente nell’atmosfera di Marte, circa 1/5 di punto percentuale. Come l’odierno Marte, l’atmosfera della Terra primitiva era principalmente anidride carbonica. Oggi l’atmosfera contiene il 20% di ossigeno e solo lo 0.038% di anidride carbonica, rendendo l’aria completamente respirabile per gli organismi dipendenti dall’ossigeno come noi.
Con l’avvento dell’ossifotosintesi nei microrganismi, questa anidride carbonica è stata progressivamente consumata, creando il “prodotto di scarto” dell’ossigeno elementare. La catastrofe dell’ossigeno è chiaramente delimitata nella documentazione geologica dall’introduzione di grandi quantità di ferro ossigenato (ruggine). Queste reliquie sono chiamate formazioni di ferro a bande. L’evento è chiamato “catastrofe” perché l’ossigeno è tossico per gli organismi anaerobici, che l’evento ha spazzato via in gran numero. C’è stato un ritardo di circa 300 milioni di anni prima dell’evoluzione dei primi organismi produttori di ossigeno e della vera e propria catastrofe dell’ossigeno.
Nei successivi miliardi di anni fiorirono organismi ossifotosintetizzanti, producendo sempre più ossigeno elementare. La storia dell’aria, da quasi zero ossigeno al 20% di ossigeno, si estende per più di due miliardi di anni. Durante il periodo Carbonifero, circa 250 milioni di anni fa, quando le piante prosperavano, i livelli di ossigeno erano persino più alti di quelli odierni. Ciò ha permesso l’esistenza di insetti molto grandi, tra cui una libellula, Meganeura, con un’apertura alare di due piedi. L’aria di oggi sarebbe irrespirabile per Meganeura, a causa della sua relativa mancanza di ossigeno.
La ricerca è in corso per pianeti extraterrestri con aria simile a quella della Terra, senza fortuna finora. Esaminando da vicino lo spettro di un corpo planetario, gli astronomi possono determinarne la composizione chimica, anche se quel corpo è estremamente distante. Questa è la stessa tecnica utilizzata per determinare la composizione chimica delle stelle lontane.