Il termine “affaticamento da battaglia” è usato per riferirsi a una reazione di stress acuta che a volte appare nei soldati che hanno combattuto intensamente. In generale, più intenso è il combattimento, più probabile sarà una reazione di stress. Questa reazione allo stress è di natura temporanea e non deve essere confusa con il disturbo da stress post traumatico (PTSD), una condizione psicologica che a volte si manifesta in persone che hanno subito traumi, compresi i soldati tra molti altri.
Gli scritti sulla guerra hanno documentato per secoli i sintomi della fatica in battaglia. Il soldato stressato può essere stanco, indeciso e teso. Comunemente si osserva la dissociazione dall’ambiente circostante, inclusi altri membri dell’unità, insieme a tempi di reazione rallentati. Con il riposo lontano dal fronte, un soldato con stanchezza da battaglia può spesso recuperare completamente, tornando al benessere psicologico entro diversi giorni, a quel punto il soldato può essere rilasciato per unirsi alla sua unità.
In vari momenti della storia, sono stati usati termini diversi per descrivere le reazioni acute di stress vissute dai soldati e tali reazioni sono state trattate come debolezza morale, piuttosto che come legittimi problemi psicologici. I soldati sul fronte nella prima guerra mondiale che hanno sperimentato reazioni di stress, ad esempio, sono stati talvolta fucilati per finzione o accusati di abbattere il morale. Da allora, gli approcci a questo problema sono cambiati, poiché i ricercatori hanno riconosciuto il costo psicologico che può comportare la lotta al trauma e hanno adottato misure per affrontare la fatica della battaglia e altri problemi legati allo stress.
L’affaticamento della battaglia interferisce con la capacità di prestazione di un soldato e può anche contribuire a rotture nella coesione dell’unità. I soldati hanno bisogno di ricevere cure per questi motivi oltre alla necessità più fondamentale di consentire al soldato di riprendersi psicologicamente dallo stress da combattimento. Gli approcci terapeutici variano a seconda dell’esercito e del conflitto, ma di solito comportano lo spostamento di un soldato dietro le linee per riposare e ricevere consulenza fino a quando un consulente non può certificare il soldato idoneo al servizio o raccomandare un periodo più lungo di recupero e trattamento. I consiglieri sono attenti a vagliare le loro accuse per evitare situazioni in cui le persone che non sono in grado di tornare in servizio vengono erroneamente rilasciate nelle loro unità.
La reazione allo stress da combattimento, termine che i militari preferiscono usare, è un problema serio e molti militari hanno dedicato ricercatori a studiare il fenomeno in modo più dettagliato. I ricercatori hanno anche esaminato diversi approcci al trattamento per identificare approcci efficaci sia per i soldati che per le loro unità. Sperimentare la fatica in battaglia non significa necessariamente che un soldato svilupperà il disturbo da stress post-traumatico.