Che cos’è la morte del tronco cerebrale?

La morte del tronco cerebrale è una conferma della morte basata su una serie di criteri che, in generale, mette alla prova i riflessi del tronco cerebrale. Si pensa che se il tronco cerebrale non risponde a questi riflessi durante l’esame, cervello e corpo non sono più in grado di comunicare e, quindi, il paziente non ha possibilità di guarigione. In quanto tale, il paziente viene quindi dichiarato morto. L’esame per la morte del tronco cerebrale non è leggero, poiché il paziente deve superare rigide condizioni prima di essere preso in considerazione per il test. Se il paziente passa, la procedura deve essere eseguita da due medici anziani e il paziente non deve mostrare riflessi del tronco cerebrale in due diverse occasioni; cioè, deve superare il test due volte.

Ci sono tre fasi in una diagnosi di morte del tronco cerebrale. Innanzitutto, deve essere nota la causa del coma del paziente e il medico deve anche stabilire che il paziente soffre di un danno cerebrale irreparabile. In secondo luogo, il paziente non deve trovarsi in una condizione in cui la sua disfunzione del tronco cerebrale è reversibile e, quindi, potrebbe alterare i risultati dell’esame. Ad esempio, farmaci, ipotermia e gravi disturbi metabolici possono far sì che il paziente non risponda alla stimolazione del tronco cerebrale. Terzo, il paziente non può mostrare affatto i riflessi del tronco cerebrale in risposta ai criteri stabiliti nell’esame.

L’esame richiederà meno di mezz’ora per essere eseguito, meno tempo di quello necessario per preparare il paziente al test. Mentre i medici eseguono il test, cercheranno segni di risposte che il tronco cerebrale normalmente comunicherebbe in reazione alla stimolazione. Tutti questi criteri devono essere soddisfatti per una conferma della morte del tronco cerebrale.

Il primo criterio è che le pupille del paziente non si restringono in risposta alla luce diretta che viene irradiata negli occhi. In secondo luogo, gli occhi del paziente non lampeggiano in risposta alla stimolazione della cornea, ad esempio quando il medico accarezza la cornea con un pezzo di stoffa o tessuto. Terzo, il paziente non risponde, come una smorfia, quando il medico applica una pressione decisa, ad esempio, proprio sopra la cavità oculare. In quarto luogo, gli occhi del paziente non si muovono, come farebbero normalmente, in risposta all’acqua ghiacciata che viene versata nell’orecchio. In quinto luogo, il paziente non tossisce o non vomita quando il medico stimola la parte posteriore della gola o fa passare un tubo di respirazione lungo le vie aeree; infine, il paziente non respira da solo quando è staccato dal ventilatore.