Fino agli ultimi decenni, una diagnosi di sclerosi multipla (SM) significava una vita di sintomi potenzialmente pericolosi per la vita. Sebbene non sia ancora stata trovata una cura, a partire dal 2011, un trattamento sta lentamente guadagnando terreno come approccio rivoluzionario per combattere questa malattia ampiamente fraintesa. A metà degli anni ‘1990, il medico e professore italiano Paolo Zamboni, che stava cercando una cura per sua moglie Elena Ravalli, colpita dalla SM, ha utilizzato una complicata tecnologia di ecografia per scoprire distinti blocchi venosi nei crani dei soli pazienti con SM. Ha chiamato questa condizione insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), che riteneva avrebbe spiegato molti dei più comuni sintomi precoci della SM come letargia, aree insensibili, vertigini e persino cecità temporanea. Poco dopo questa scoperta, Zamboni iniziò a trattare la condizione con una versione di chirurgia angioplastica chiamata terapia di liberazione.
Zamboni, un chirurgo vascolare che insegnava all’Università di Ferrara, in Italia, ha notato nelle sue prime ricerche che tutti i pazienti con SM avevano blocchi nelle vene responsabili del trasporto del sangue dalla testa al cuore. Ha quindi utilizzato alcuni tipi di macchine a ultrasuoni, utilizzando la tecnologia radar Doppler, per confermare queste posizioni esatte, chiamate stenosi. Ulteriori studi hanno portato Zamboni alla scoperta che questi blocchi erano ricchi di ferro e più grandi nei pazienti con la SM più avanzata.
Questa conoscenza ha portato molti scienziati all’inizio del 21° secolo a pensare alla SM come a un disturbo del sistema vascolare e non a un’immunità. Zamboni ha creato la terapia di liberazione per sfruttare la sua scoperta, prima curando sua moglie e poi migliaia di persone in tutto il mondo. Diversi casi di studio hanno dimostrato che la ricorrenza dei sintomi della SM e la qualità della vita sono migliorate per la stragrande maggioranza dei pazienti che hanno subito le procedure. Sebbene la terapia di liberazione sia stata adottata con ottimismo in molti paesi in tutto il mondo, altri governi stanno procedendo con più scetticismo, in attesa di risultati più definitivi e forse di minori possibilità di negligenza.
La terapia di liberazione che Zamboni ha creato per affrontare la sua nuova scoperta è simile agli interventi di angioplastica utilizzati per trattare i blocchi dei passaggi aortici del cuore. Generalmente, ciò comporta il gonfiaggio di un dispositivo simile a un palloncino nel sito della stenosi, nel tentativo di allungare la vena. Questo quindi riduce l’effetto del blocco e ripristina l’utilità della vena.
Dal momento che non esiste una cura per la SM a partire dal 2011, viene impiegato un regime di altre terapie fisiche e regimi di prescrizione per contenere almeno la progressione della malattia e combattere i suoi numerosi sintomi. Secondo la National Multiple Sclerosis Society degli Stati Uniti, è stato dimostrato che quasi 10 farmaci da prescrizione bloccano almeno la progressione della SM, da Avonex® a Tysabri®. È stato anche dimostrato che un numero qualsiasi di altri farmaci combatte i sintomi, comprese le iniezioni di corticosteroidi per ridurre l’infiammazione durante periodi particolarmente estenuanti con la malattia.