Un sito dismesso è una proprietà industriale abbandonata in cui il terreno può ancora contenere contaminanti pericolosi, che spesso dissuaderanno i potenziali sviluppatori. L’inquinamento nei siti dismessi, tuttavia, è considerato di basso grado e può essere ripulito, facendo di queste proprietà un obiettivo primario per la riqualificazione. I contaminanti più comunemente scoperti nei siti dismessi comprendono solventi, pesticidi, amianto e piombo.
I siti di Brownfield si trovano principalmente nelle città più vecchie che un tempo erano in forte espansione hub industriali. Quando i mulini e le fabbriche svanirono, la terra fu abbandonata e, in molti casi, divenne invasa e rovinata. Un sito dismesso può anche essere identificato, sebbene meno frequentemente, come terra che un tempo ospitava iniziative commerciali, come stazioni di servizio, tintorie o altre attività che utilizzavano sostanze inquinanti.
La bonifica e la riqualificazione dei siti dismessi guadagnarono terreno negli anni ’90 in coincidenza con il crescente interesse per la tutela ambientale. Negli Stati Uniti (USA), la Federal Environmental Protection Agency (EPA) ha avviato un programma Brownfields nel 1995 per cancellare l’incapacità percepita di riqualificare i siti dismessi. Più di $ 14 miliardi di dollari statunitensi (USD) sono stati investiti nell’identificazione di aree dismesse, nella valutazione di strategie di bonifica dei siti in aree dismesse e nell’incoraggiare i potenziali investitori a riportare questi appezzamenti di terreno sui registri fiscali.
I vantaggi dell’eradicazione della contaminazione del suolo in un sito dismesso comprendono la creazione di posti di lavoro e un ambiente migliore per l’habitat locale. La riqualificazione può anche sfruttare l’infrastruttura esistente. In genere, è disponibile denaro per agevolare la pulizia e lo sviluppo di siti dismessi, nonché incentivi fiscali. Diversi programmi sono offerti ai potenziali sviluppatori per valutare la contaminazione e stimare un costo di bonifica prima che venga assunto un impegno per andare avanti. I terreni che contengono una quantità significativa di inquinanti non sono considerati siti dismessi.
La pulizia dei brownfield è aumentata nei tempi moderni, in parte a causa della pura praticità. Nelle comunità senza sbocco sul mare o in quelle con una popolazione aumentata, sempre meno proprietà sono disponibili per lo sviluppo. I brownfield di solito sono riqualificati con produzione leggera o usi industriali, ma possono anche essere trasformati in aree residenziali.
Diverse tecniche sono utilizzate per estrarre i contaminanti dal terreno tossico dei brownfields. Includono il biorisanamento, l’ossidazione in situ e l’estrazione del vapore nel suolo. Una strategia di pulizia unica per i terreni fortemente inquinati dal metallo si chiama phytoremediation, che utilizza le piante per assorbire i contaminanti. Quando le piante sono completamente coltivate, vengono diserbate e scaricate in depositi di rifiuti pericolosi.
Alcuni scienziati sperano che in futuro i brownfield possano essere utilizzati come fonti di energia alternative. I ricercatori stanno sperimentando semi di soia e switchgrass piantati su terreni un tempo tossici. Sperano che queste piante possano essere convertite in biocarburanti.