Che cos’è una profilassi dell’HIV?

Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) è il virus che causa la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Si diffonde attraverso fluidi corporei infetti che entrano nel flusso sanguigno di una persona non infetta. La trasmissione si verifica più comunemente durante i rapporti sessuali anali o vaginali, quando i consumatori di droghe iniettabili condividono gli aghi o quando un operatore sanitario viene punto con un ago che contiene sangue infetto. Inoltre, una donna incinta sieropositiva può trasmettere l’HIV al bambino durante il parto o durante l’allattamento. Una profilassi dell’HIV è un trattamento volto a prevenire la trasmissione dell’HIV; ci sono due tipi di profilassi dell’HIV: profilassi pre-esposizione e profilassi post-esposizione.

La profilassi pre-esposizione (PrEP) è agli inizi. Nel 2010, i Centers for Disease Control (CDC) stavano valutando se una combinazione di due antiretrovirali – farmaci già usati per trattare l’HIV – potesse impedire all’HIV di prendere piede nel corpo. Sono stati condotti studi clinici tra le popolazioni a rischio di HIV in diversi paesi, tra cui Stati Uniti, Thailandia e Botswana, ma non sono state raccolte prove sufficienti per una conclusione definitiva sull’efficacia della PrEP.

La profilassi post-esposizione (PEP) ha un track record più lungo e consolidato. Questo tipo di profilassi dell’HIV prevede la somministrazione di un ciclo di 28 giorni di antiretrovirali a una persona che è entrata in contatto con i fluidi corporei di una persona affetta da HIV. Più comunemente, la PEP viene utilizzata quando un operatore sanitario è bloccato con un ago contenente il sangue di un paziente sieropositivo. La PEP viene somministrata anche ai neonati le cui madri risultano sieropositive. Più raramente, la profilassi dell’HIV viene talvolta utilizzata come farmaco “del mattino dopo” per le vittime di stupro, per coloro che hanno avuto rapporti sessuali consensuali con una persona che ha o è probabile che abbia l’HIV e per i consumatori di droghe per via parenterale.

Studi su operatori sanitari e neonati le cui madri sono sieropositive hanno dimostrato che la profilassi dell’HIV è più efficace se iniziata entro 36-72 ore. Dopo 72 ore, è considerato inefficace. Tra gli operatori sanitari, il completamento dell’intero ciclo di PEP riduce le probabilità di infezione da HIV del 79%.

La profilassi post-esposizione non professionale (nPEP) è ancora un problema alquanto confuso. Il CDC raccomanda che un individuo che ha avuto un’esposizione non professionale ai fluidi corporei di un individuo infetto e che cerca aiuto entro 72 ore sia sottoposto a un ciclo di 28 giorni di antiretrovirali. Alcune persone, tuttavia, potrebbero non conoscere lo stato di HIV dell’individuo di origine. Una vittima di stupro, ad esempio, potrebbe non avere idea della storia sessuale del suo stupratore o dello stato di sieropositività. Il CDC rimane in gran parte in silenzio su questo problema, affermando solo che la decisione di iniziare la profilassi dell’HIV quando lo stato dell’HIV dell’individuo di origine è sconosciuto dovrebbe essere presa caso per caso.

La profilassi dell’HIV non è affatto una soluzione facile al problema dell’esposizione all’HIV. Gli antiretrovirali sono costosi, spesso proibitivi per le persone senza assicurazione sanitaria. Inoltre, molte persone soffrono di gravi effetti collaterali durante l’assunzione. Gli effetti indesiderati comuni includono nausea, vomito, diarrea, mal di testa e affaticamento. A volte gli effetti collaterali sono così dolorosi che le persone non sono in grado di completare l’intero corso di 28 giorni del farmaco prescritto.
L’uso ripetuto di antiretrovirali può aumentare il rischio di una persona di contrarre una forma di HIV resistente al trattamento. Secondo il CDC, tuttavia, il trattamento con antiretrovirali dopo l’esposizione all’HIV è attualmente la migliore profilassi dell’HIV possibile. Informazioni più specifiche sul CDC possono essere trovate sul suo sito web.