Che cos’è l’elettrocorticografia?

L’elettrocorticografia, (ECoG), è la procedura di collegamento di sensori chiamati elettrodi direttamente a un cervello umano esposto chirurgicamente per misurare e analizzare la sua attività elettrica. Anche gli elettrodi esterni a contatto con il cuoio capelluto della testa possono rilevare il funzionamento attivo del cervello, ma per la diagnosi di alcuni tipi di disturbi cerebrali non sono abbastanza precisi. Ne sono un esempio le crisi frequenti, gravi e debilitanti dovute a una condizione medica chiamata epilessia. Un potenziale modo per trattarlo è identificare e rimuovere solo la piccola parte del cervello che li sta attivando, senza danneggiare alcuna materia cerebrale adiacente di importanza critica.

Una radiografia può penetrare nei tessuti molli umani per rivelare la forma di un teschio, ma i medici di neurologia che vogliono vedere il cervello all’interno hanno bisogno di altre tecnologie. Uno dei metodi migliori è la risonanza magnetica, comunemente chiamata risonanza magnetica. Invece della radiazione a raggi X, utilizza potenti magneti per modificare il corpo a livello atomico, registrando il loro effetto e visualizzandoli nei minimi dettagli.

Un’immagine del cervello potrebbe mostrare strutture anormali. Ci sono, tuttavia, molti disturbi cerebrali che non sono causati da cose fisiche rilevabili, ma piuttosto da un funzionamento anomalo dell’organo complesso. Per valutare se il cervello funziona normalmente, i neurologi hanno bisogno di tecnologie diverse. Uno dei più importanti è la semplice mappa del cervello. La ricerca medica accumulata ha assegnato il controllo delle funzioni umane – come la vista, il linguaggio o un muscolo – a luoghi molto specifici del cervello.

Con la mappa di un cervello in mano, se un neurologo ha un paziente che mostra sintomi anormali, sa dove guardare ma ha bisogno della tecnologia per misurare lo stato di funzionamento di quella posizione. Un mezzo è una risonanza magnetica funzionale, che produce un’immagine cerebrale di aree evidenziate da maggiori concentrazioni di sangue pieno di ossigeno. Il presupposto è che ciò corrisponda al carburante necessario per l’aumento dell’attività cerebrale in tali aree. Le cellule cerebrali e le cellule nervose funzionano ricevendo, generando e trasmettendo segnali elettrici ad altre cellule.

Per una rappresentazione più diretta dell’attività cerebrale, un neurologo ha bisogno di misurazioni della sua uscita elettrica. La tecnologia più comunemente utilizzata è l’elettroencefalogramma, o EEG. Una rete mappata con precisione di sensori sensibili chiamati elettrodi è attaccata al cuoio capelluto. Ciascuno misura le onde cerebrali, piccoli cambiamenti di tensione causati dall’attività elettrica dell’area del cervello direttamente sottostante. I medici hanno imparato a riconoscere i modelli nel grafico risultante per essere costantemente indicativi di alcuni disturbi neurologici, incluso il più comune: l’epilessia.

L’epilessia è caratterizzata da convulsioni incontrollabili, spesso accompagnate da perdita di coscienza e convulsioni muscolari. Sono essenzialmente il risultato di un sovraccarico elettrico del cervello e possono essere classificati in base a come viene attivato l’evento. Molti epilettici, un tempo considerati disabili fisici, sono stati in grado di gestire la loro condizione con i moderni farmaci anticonvulsivanti introdotti per la prima volta negli anni ‘1990.

Tra i molti tipi di epilessia, quelli particolarmente difficili da trattare sono quelli che sono innescati o originati da una particolare posizione del cervello. Un EEG potrebbe aver identificato la posizione generale, ma le immagini potrebbero non aver rivelato anomalie insolite. Se il farmaco è inefficace, un neurologo può quindi non avere altra risorsa che eseguire una craniotomia, rimuovendo il cranio, una sezione dell’osso del cranio. L’ispezione visiva diretta del cervello esposto potrebbe rivelare una cicatrice o qualche altra probabile causa.

In questa fase, il neurochirurgo eseguirà normalmente un’elettrocorticografia. Simile a un EEG, una rete di elettrodi più piccola e più fine verrà posizionata direttamente sul cervello per una registrazione dell’attività elettrica dell’area. Questo individuerà l’origine apparente degli episodi epilettici, chiamata anche zona epilettogena. La posizione è annotata sullo strato più alto del cervello, chiamato corteccia cerebrale.

La rimozione della zona incriminata rimuove l’innesco delle convulsioni. L’obiettivo principale del chirurgo è quello di asportare chirurgicamente la minima quantità di tessuto cerebrale necessaria. In combinazione con l’elettrocorticografia, l’intera area che circonda una zona epilettogena potrebbe essere sondata con stimolazione elettrica corticale diretta (DCES). La procedura utilizza un puntatore palmare che fornisce una leggera scossa elettrica. Sotto anestesia locale e cosciente, il paziente potrebbe riferire una sensazione o un movimento muscolare dalla stimolazione.

L’elettrocorticografia può identificare un’area di circa 0.4 cm quadrato. Con la mappatura DCES, un chirurgo può restringere questo campo a una regione ancora più piccola per la rimozione chirurgica. Nel processo, è in grado di evitare aree dannose del cervello sano che possono essere critiche per le normali funzioni umane.