Un azionamento magnetoidrodinamico (MHD) è un motore senza parti in movimento che crea spinta accelerando un fluido carico con un campo elettromagnetico. Questa è nota come forza di Lorentz, la cui grandezza in newton su una specifica particella carica può essere calcolata aggiungendo la densità del campo elettrico in volt per metro alla velocità istantanea della particella in m/s, moltiplicando la somma per la densità del campo magnetico in tesla, e moltiplicando quel prodotto per la carica elettrica della particella in columbs.
Quando l’intensità del campo elettromagnetico aumenta, aumentano sia la spinta che l’impulso specifico di un azionamento magnetoidrodinamico. La forza di Lorentz può essere sfruttata per la propulsione nei veicoli spaziali, che utilizzano plasma carico come mezzo fluido, e sono quindi chiamati propulsori magnetoplasmadinamici (MPD). Prototipi sperimentali sono stati testati su satelliti sia russi che giapponesi.
La magnetoidrodinamica in generale è la disciplina scientifica che studia qualsiasi fluido con carica elettrica. Spiegare e prevedere il comportamento dei fluidi caricati elettricamente richiede la combinazione delle equazioni di Navier-Stokes della fluidodinamica con le equazioni dell’elettromagnetismo di Maxwell. Ciò significa che due insiemi di equazioni differenziali devono essere risolti contemporaneamente, il che significa che i calcoli sono ad alta intensità di calcolo e spesso richiedono supercomputer.
Negli anni ‘1990, Mitsubishi ha costruito prototipi per navi marittime che utilizzavano motori magnetoidrodinamici, ma questi raggiungevano solo velocità di 15 km/h (9.3 mph), nonostante le previsioni di 200 km/h (124.3 mph). A causa della mancanza di parti in movimento, i motori magnetoidrodinamici possono in linea di principio essere affidabili, economici, efficienti, silenziosi e meccanicamente eleganti. Tuttavia, poiché la loro fonte di carburante è l’elettricità e non abbiamo ancora un mezzo economico per creare celle a combustibile ad alta densità di potenza, le navi che utilizzano l’unità MHD devono avere un generatore di bordo pesante che brucia diesel. Se il costo delle celle a combustibile a idrogeno aumenterà drasticamente nei prossimi anni, l’unità MHD potrebbe rivelarsi una valida alternativa all’elica.
Nei veicoli spaziali, i propulsori magnetoplasmadinamici richiedono una discreta quantità di potenza, nell’ordine dei megawatt, per funzionare in modo ottimale. Oggi, anche i più potenti generatori di energia per veicoli spaziali forniscono solo poche centinaia di kilowatt, il che significa che i propulsori MPD rimangono principalmente una tecnologia futura. Tuttavia, i principi di funzionamento dei propulsori MPD consentono loro di possedere impulsi specifici estremamente elevati, più di 20 volte l’impulso specifico dei razzi chimici, data una potenza sufficiente.