Una barriera di adesione è una sostanza artificiale, solitamente un gel o una pellicola, che viene posizionata su un organo sopra l’incisione interna creata durante l’intervento chirurgico. La barriera impedisce all’organo di entrare in contatto con altri organi o con l’interno della cavità e di formare tessuto cicatriziale, chiamato aderenze. Il tessuto cicatriziale anormale può tirare sugli organi interni causando dolore cronico, ostruzioni intestinali e infertilità.
Le aderenze sono un rischio comune per qualsiasi intervento chirurgico aperto. Entro tre giorni, il tessuto in via di guarigione inizia a saldare qualsiasi superficie che tocca. Una nuova adesione si forma in sette giorni. La cicatrice interna può causare dolore estremo e richiedere un altro intervento chirurgico per separare le aderenze. Una tecnica chirurgica adeguata e il posizionamento di una barriera adesiva possono prevenire la formazione di aderenze.
Le barriere di adesione appena impiantate non devono dissolversi prima che siano trascorsi i sette giorni, altrimenti si potrà ancora formare nuovo tessuto cicatriziale. Una barriera dovrebbe essere in grado di mantenere la sua integrità strutturale anche se satura di sangue o fluidi interni. Se la barriera di adesione fallisce prima della prima settimana, è probabile che si sviluppi tessuto cicatriziale.
La barriera di adesione più comunemente utilizzata è un film appiccicoso composto da zuccheri modificati che si trovano naturalmente nel corpo. Dopo il posizionamento nel corpo, il film si dissolve entro due o tre settimane. Un’altra barriera di adesione è costituita da un materiale come il Teflon®. Potrebbe essere necessario rimuoverlo chirurgicamente dopo il periodo di guarigione.
Alcuni chirurghi preferiscono applicare una sostanza gelatinosa sulle superfici degli organi per prevenire lo sviluppo di aderenze. Altri usano semplicemente una soluzione di lattato per riempire la cavità addominale. Si pensa che il liquido fornisca una barriera tra il tessuto danneggiato e altre superfici interne.
Molte barriere di adesione sono realizzate in cellulosa rigenerata ossidata, politetrafluoretilene espanso o una combinazione di ialuronato di sodio e carbossimetilcellulosa. Una di queste, la barriera di adesione Interceed®, è comunemente utilizzata per gli interventi ginecologici. Questo cerotto simile a un panno viene utilizzato nei tagli cesarei per impedire all’utero di attaccarsi alle tube di Falloppio o alle ovaie. Non è noto come la barriera influisca sulle gravidanze future.
Una membrana peritoneale Preclude® è realizzata in politetrafluoretilene espanso. Viene utilizzato negli interventi di cardiochirurgia per prevenire la formazione di aderenze che collegano il cuore alla parete peritoneale. Una barriera realizzata con questo materiale non si dissolve. La barriera è destinata a rimanere permanentemente nel corpo e alla fine verrà incapsulata come parte del processo di guarigione.
La rimozione chirurgica dell’adesione può essere l’opzione migliore per alcune persone. L’operazione è chiamata adesiolisi. Il tessuto cicatriziale viene reciso dall’organo o dalla cavità in cui è cresciuto e viene impiantata una nuova barriera di adesione. C’è la possibilità che le aderenze si formino di nuovo dopo l’intervento, causando la necessità di ricominciare il trattamento.