Che cos’è una tassa sulle transazioni finanziarie?

Un’imposta sulle transazioni finanziarie è un’imposta applicata su determinati tipi di transazioni finanziarie, ma non su beni o organizzazioni specifici. Queste tasse sono progettate per aumentare le entrate, ovviamente, ma spesso sono anche destinate a modificare il comportamento delle istituzioni e dei mercati finanziari, in genere per ridurre al minimo l’assunzione di rischi eccessivi e la speculazione, entrambi comportamenti che sono ampiamente considerati dannosi per il sano funzionamento dei mercati . Le tasse sulle transazioni finanziarie hanno una storia molto lunga, ma hanno guadagnato molto più interesse e appeal sulla scia della crisi finanziaria globale del 2008.

Le tasse sull’acquisto o la vendita di azioni, originariamente proposte da John Maynard Keynes, hanno lo scopo di ridurre la speculazione e limitare la crescita di bolle pericolose nei prezzi delle attività. Queste tasse, che impongono una modesta tassa totale, in genere non superiore al 2% per transazione, hanno lo scopo di limitare la frequenza con cui gli investitori acquistano o vendono azioni. Anche una tassa modesta, come questa, renderebbe non redditizie alcune tipologie di trading speculativo a rapida inversione di tendenza e potrebbe ridurre sia la volatilità del mercato sia la percentuale di speculatori rispetto al numero di investitori a lungo termine. Gli esperimenti con queste tasse non hanno dimostrato in modo definitivo se sono efficaci nell’eliminare le bolle.

La speculazione valutaria è un altro grave problema che i governi moderni devono affrontare e diverse versioni della tassa sulle transazioni finanziarie sono state proposte come possibili soluzioni a questo pericolo. Gli speculatori valutari fanno soldi muovendosi rapidamente per manipolare il valore della valuta di una nazione, entrando e uscendo da posizioni in quella valuta con grande velocità. Questa pratica, sebbene potenzialmente molto redditizia, può causare gravi perturbazioni al valore della valuta di una nazione e può, di conseguenza, danneggiare il commercio e altre aree della politica finanziaria nazionale.

Una tassa sulle transazioni finanziarie può essere utilizzata per limitare questo tipo di attività speculativa. Paul Spahn ha proposto una tassa sulle transazioni finanziarie che imposterebbe il normale cambio di valuta a un tasso molto modesto, un tasso che genererebbe entrate, ma non fornirebbe un serio incentivo a evitare il cambio di valuta, poiché ciò danneggerebbe anche la salute economica di un paese che impiega un tale imposta. Se il commercio spingesse la valuta di una nazione al di fuori di un’ampia fascia di prezzo fluttuante, tuttavia, diventerebbe attiva una seconda aliquota fiscale molto più elevata. Ciò renderebbe effettivamente impossibile trarre profitto dalla speculazione valutaria, poiché l’aliquota fiscale molto più elevata consumerebbe tutti i potenziali profitti.

La crisi finanziaria globale del 2008 ha focalizzato nuova attenzione sulla possibile utilità di una tassa sulle transazioni finanziarie. C’erano aspetti pratici in questa attenzione, che avevano a che fare con la capacità di ridurre pericolose speculazioni future. C’era anche un diffuso senso di indignazione per l’attività del settore bancario, in particolare nel Regno Unito e negli Stati Uniti, e molti politici hanno proposto queste tasse tanto come un modo per recuperare denaro dai banchieri quanto per stabilizzare i mercati finanziari.

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