L’antico filosofo greco Aristotele, vissuto dal 384 al 322 a.C., definisce la retorica come “la facoltà di osservare, in ogni caso, i mezzi di persuasione disponibili”. Nel mondo classico, la retorica era una branca formale dell’apprendimento che si occupava delle tecniche e dei dispositivi usati per convincere o persuadere un pubblico. Gli antichi filosofi Aristotele, Cicerone e Quintiliano, in particolare, svilupparono teorie riguardanti il discorso e la scrittura persuasiva. La retorica di Aristotele è uno dei trattati più influenti sull’argomento e Aristotele e la retorica sono stati inesorabilmente legati per più di 2,000 anni.
Un discorso persuasivo consiste di tre cose: il discorso stesso, il soggetto del discorso e l’ascoltatore a cui è rivolto il discorso. Per Aristotele, la retorica efficace tiene ugualmente in considerazione chi parla, chi parla e chi ascolta. I tre mezzi di persuasione a disposizione di chi parla, secondo Aristotele e la retorica, sono ethos, o “carattere”; loghi o “argomento”; e pathos, o “sofferenza”. Ethos è un appello che si basa sul carattere di chi parla; logos è un ricorso che si basa sulla logica o sulla ragione; e il pathos è un appello che si basa sulle emozioni dell’ascoltatore.
Affinché un oratore raggiunga l’ethos aristotelico, deve apparire credibile. Se l’oratore è credibile, avrà maggiori possibilità di persuadere il pubblico che la sua argomentazione è valida. Aristotele suggerisce che la credibilità può essere stabilita mostrando intelligenza pratica, carattere virtuoso e buona volontà.
Per persuadere con la logica, secondo Aristotele e la retorica, l’argomento deve dimostrare, o almeno sembrare dimostrare, che qualcosa è vero. Per Aristotele, ci sono due tipi di argomenti logici: induzioni e deduzioni, comunemente chiamate ragionamento induttivo o deduttivo. Un argomento induttivo procede dal particolare all’universale. Un argomento deduttivo in cui sono state supposte determinate cose procede da un caso particolare a un caso particolare simile, a condizione che entrambi i particolari siano strettamente correlati e logicamente connessi.
Dal punto di vista di Aristotele e della retorica, il successo degli sforzi persuasivi dipende in larga misura dal pathos, o dalla disposizione emotiva del pubblico che ascolta. Le emozioni hanno la capacità di alterare i giudizi di un ascoltatore, indipendentemente dal carattere di chi parla o dalla logica della sua argomentazione. Nella Retorica, Aristotele suggerisce che è necessario suscitare nell’ascoltatore un’emozione che favorisca particolarmente l’argomento presentato. Per raggiungere questo obiettivo, Aristotele propone che è necessario possedere la conoscenza e la definizione di ogni emozione significativa ed essere consapevoli delle probabili emozioni esistenti già presenti negli ascoltatori.
Ad esempio, per definizione, un retore aristotelico sarebbe in grado di dedurre le circostanze in cui il suo pubblico sarebbe molto probabilmente arrabbiato da un punto di vista opposto. Semplicemente sapendo con chi l’ascoltatore è arrabbiato e per quale motivo, l’oratore può enfatizzare aspetti della sua argomentazione che susciterà ulteriore rabbia e influenzerà naturalmente l’ascoltatore dalla parte dell’oratore. Sebbene per alcune persone questo possa sembrare una manipolazione, l’eccitazione delle emozioni è un dispositivo retorico accettato e necessario.