L’antidoto più noto e più spesso somministrato per la morfina è l’antagonista degli oppioidi naloxone, che ha una significativa azione benefica su tutti e tre i tipi di recettori oppioidi a cui la morfina si lega. Il suo prolifico legame con tutti i sottogruppi dei recettori degli oppiacei mirati si presta alla sua classificazione come la prima linea di difesa nei pazienti che hanno overdose e soffrono dei sintomi potenzialmente letali dell’avvelenamento da morfina. Il naloxone ha effetto in appena 30 secondi dopo la somministrazione endovenosa, un attributo che fornisce un beneficio significativo in situazioni terribili in cui la respirazione del paziente si è interrotta o sta per interrompersi. Nalorfina e naltrexone sono antagonisti alternativi degli oppioidi; ciascuno può essere usato come antidoto per la morfina se c’è un’ipersensibilità al naloxone, se ci sono altre considerazioni sulla salute che ne accelerano l’uso, o quando il naloxone non è prontamente disponibile. Tutti e tre gli antidoti agiscono “spingendo” la morfina fuori dai recettori oppioidi nel cervello del paziente, invertendo i sintomi del sovradosaggio.
Se si sospetta un sovradosaggio, il trasporto rapido al pronto soccorso per la somministrazione di un antidoto alla morfina aumenta notevolmente le possibilità di sopravvivenza del paziente e il completo recupero dall’avvelenamento. I sintomi tipici che indicano un grave sovradosaggio e la necessità di un antidoto includono vomito, sonnolenza e pupille che sono significativamente individuate. Convulsioni, difficoltà respiratorie e labbra e unghie di colore bluastro sono sintomi ancora più gravi che richiedono il trasporto in una struttura entro pochi minuti, preferibilmente in ambulanza per garantire che sia disponibile una tecnologia di supporto per la respirazione in caso di cessazione della respirazione. Molti primi soccorritori portano con sé sul posto un antidoto per il farmaco, il più delle volte il naloxone. Per questo motivo, la famiglia o gli amici di supporto dovrebbero essere pronti a comunicare al personale di emergenza il peso, l’età e la quantità approssimativa di morfina che si sospetta sia stata ingerita al momento dell’arrivo o se il paziente viene portato in auto. al pronto soccorso.
Dopo che una dose iniziale dell’antidoto prescritto per la morfina è stata somministrata sul posto, in ambulanza o al pronto soccorso, un’attenta osservazione per alcune ore in un ambiente ospedaliero è il protocollo medico standard. Un’attenta osservazione è fondamentale perché, con l’eccezione del naltrexone, l’emivita di molti farmaci oppiacei supera quella dell’antidoto per la morfina e possono essere necessarie dosi successive per evitare che il paziente overdose una seconda volta. Il naltrexone viene somministrato principalmente ai pazienti con dipendenza come antagonista degli oppiacei a lunga durata d’azione per ridurre il desiderio e ridurre notevolmente la probabilità di uso ricreativo di morfina. L’altro antagonista degli oppioidi a cui si fa riferimento, la nalorfina, è un farmaco più vecchio degli anni ‘1950 e non è altrettanto efficace in situazioni di sovradosaggio acuto a causa della sua limitata affinità di legame con i recettori oppioidi mirati.