Cacofonia, che letteralmente significa “cattivo suono” in greco, è un termine letterario che si riferisce a combinazioni di suoni stridenti o sgradevoli nella scrittura o nel parlato. Gli scrittori generalmente evitano i suoni cacofonici per l’ovvia ragione che sono generalmente sgradevoli da leggere. In poesia, tuttavia, ci sono momenti in cui la cacofonia può essere utilizzata per produrre determinate reazioni emotive nel lettore, per descrivere una situazione rumorosa, per trasmettere un senso di disagio o semplicemente per intrattenere con l’uso di insolite opere sonore.
L’uso più ovvio e letterale della cacofonia in poesia è quello di imitare un suono forte e sgradevole. In questo modo, la cacofonia può essere una forma di onomatopea. Augusta Davies Webster fa questo nella sua poesia “Circe”, i cui versi di apertura descrivono una tempesta in arrivo che l’oratore anticipa “che spacca i rami urlanti” (linea 13). Lo “splitting” e lo “shrieking” dal suono aspro iniziano entrambi con tre consonanti e hanno un altro forte suono di consonante all’inizio della sillaba successiva. La linea si discosta anche leggermente dal ritmo previsto del poema – pentametro giambico – aggiungendosi al suono rauco e indisciplinato della tempesta.
In secondo luogo, la cacofonia può essere usata per rappresentare un disagio di una certa varietà, sia il disagio di chi parla o una situazione spiacevole che la poesia sta descrivendo. Questo utilizzo può sovrapporsi al precedente, poiché anche situazioni rumorose possono risultare scomode; ma può anche essere usato per descrivere situazioni emotivamente tumultuose. Gerard Manley Hopkins lo fa spesso nei suoi Terrible Sonnets, una serie di poesie sul dubbio religioso. In “Carrion Comfort”, l’oratore descrive la disperazione: “Scan[ning] / Con occhi cupi e divoratori le mie ossa ammaccate” (linea 6). L’uso cacofonico dell’allitterazione di questa linea e il suo alto numero di sillabe accentate riecheggiano il tumulto interiore di chi parla.
A volte, tuttavia, un poeta potrebbe usare la cacofonia semplicemente per divertimento. I poeti usano spesso il suono in modi inaspettati per esplorare i limiti di ciò che il linguaggio può esprimere. Questo è particolarmente comune negli autori per bambini come Lewis Carroll o Shel Silverstein. La cacofonia nelle opere di tali autori può indicare rumori forti o situazioni spiacevoli, ma altrettanto spesso può essere un tentativo di divertire e attirare l’attenzione dei bambini piccoli, le cui orecchie potrebbero non catturare lavori sonori più sottili, ma sono ricettivi alla cacofonia.