Che cos’è la bonifica del terreno?

Le notizie sono spesso piene di storie di petroliere che versano petrolio e impianti di produzione che rilasciano sostanze chimiche nelle acque sotterranee. Nonostante si parli del problema, è raro che qualcuno sia trasparente su ciò che accade alla terra contaminata o alla società responsabile. La bonifica del terreno è il processo di rimozione di materiali potenzialmente pericolosi da terreni contaminati.

Molte strutture commerciali e industriali utilizzano sostanze chimiche che rappresentano una minaccia per l’uomo e l’ambiente se maneggiate in modo improprio. Le aziende e le società sono spesso ritenute responsabili dalle agenzie regionali e nazionali per la protezione ambientale quando i terreni relativi alle loro iniziative imprenditoriali devono essere riparati o riparati. Mentre alcuni casi vengono risolti da società che si autodenunciano e accettano di pagare multe o bonificare il terreno, molti non lo sono. Le battaglie legali che costringono le aziende ad agire in modo responsabile e a ripulire la contaminazione possono durare decenni e costare ingenti somme di denaro.

Negli Stati Uniti, il governo ha approvato il Comprehensive Environmental Response, Compensation and Liability Act (CERCLA) nel 1980. Questo disegno di legge ha avuto tre risultati principali: ha dato all’Environmental Protection Agency (EPA) l’autorità di gestire, far rispettare e persino svolgere attività di pulizia; ha creato un fondo fiscale noto come superfund per ripulire i siti di rifiuti pericolosi; e ha creato le parti potenzialmente responsabili (PRP), che hanno permesso alle aziende di partecipare alla pulizia del sito senza ammettere la responsabilità per l’intero sito. Se l’EPA intraprende la pulizia, può costringere la società, o anche più società, a rimborsare il governo e continuare la bonifica del terreno.

I prodotti chimici e i metalli pesanti che vengono lasciati o scaricati dalle fabbriche e dagli impianti di produzione spesso indugiano nell’ecosistema e contaminano le risorse alimentari e idriche. La bonifica del terreno può richiedere molto tempo per ogni sito, per non parlare del denaro e delle complicazioni legali. I metalli pesanti, come piombo, mercurio e arsenico, e sostanze chimiche come i prodotti chimici organici volatili (VOC) da combustibili e solventi e i policlorobifenili (PCB) da apparecchiature elettroniche sono particolarmente diffusi nei terreni post-industriali. L’esposizione umana a suolo, acqua e cibo contaminati può causare qualsiasi cosa, da problemi di salute minori a malattie potenzialmente letali come il cancro.

In passato, la bonifica del terreno avveniva esclusivamente tramite scavi. Ciò significava letteralmente scavare il terreno e la pietra inquinati e spostarli in una discarica destinata a materiali pericolosi. La terra è stata quindi sostituita con terreno pulito.
Quando i contaminanti tossici si depositano sul fondo dei corpi idrici, vengono rimossi in un processo simile chiamato dragaggio. In questo processo, le autocisterne rimuovono i sedimenti e i fanghi contaminati in una macchina, separano i prodotti chimici e i metalli pesanti dall’acqua tramite filtri e prodotti chimici e reinseriscono l’acqua pulita. Il sedimento contaminato viene quindi trasferito in un’apposita discarica.

Esistono alternative agli scavi meno invasivi, come stabilizzazione, solidificazione e biorisanamento. L’obiettivo con la stabilizzazione non è rimuovere materiali tossici o pericolosi, ma stabilizzare le molecole in uno stato in cui non sono dannose per l’uomo o per l’ecosistema. Prodotti chimici o composti complementari vengono aggiunti al terreno contaminato per combinarsi con le tossine per produrre composti stabili e non pericolosi. Questo può essere fatto spruzzando gli additivi sulla superficie del terreno o dispensando gli additivi in ​​forma liquida o gassosa attraverso tubi spinti in profondità nel terreno.
La solidificazione è il processo di aggiunta di reagenti chimici che si uniranno alle tossine nell’acqua contaminata e nei fanghi per produrre composti solidi che possono essere separati o filtrati dall’acqua. In questo modo l’acqua viene lasciata nell’ecosistema naturale ma le sostanze chimiche vengono rimosse. Il biorisanamento comporta l’aggiunta di batteri o piante specifici che si nutrono delle particelle contaminate e creano sottoprodotti innocui. Questi organismi devono essere scelti con attenzione poiché spesso si moltiplicano notevolmente senza predatori naturali.