Quali sono gli interventi di terapia cognitivo comportamentale?

Gli interventi di terapia cognitivo comportamentale in genere comportano l’intervento per conto di una persona coinvolta in un modello comportamentale distruttivo. In generale, un terapeuta aiuta il paziente a riformare i propri processi di pensiero e comportamenti per costruire un modello di vita meno distruttivo. Ciò implica fornire al paziente meccanismi di coping, cambiare la percezione del mondo del paziente e aiutarlo a formare nuove relazioni sane. La maggior parte degli interventi di terapia cognitivo comportamentale inizia con un’attenta spiegazione di come il comportamento del paziente lo sta danneggiando. Il terapeuta e il paziente possono quindi lavorare insieme per aiutare il paziente a cambiare, ma il paziente deve voler cambiare il modello o questa terapia non funzionerà.

Spesso il primo passo nella maggior parte degli interventi di terapia cognitivo comportamentale è l’intervento stesso. Questo di solito coinvolge i cari del paziente, insieme a un terapeuta, che si avvicinano al paziente in un ambiente neutro. Gli amici e i familiari spiegano con attenzione al paziente perché pensano che certi comportamenti siano distruttivi o dannosi. Questo deve essere fatto in un certo modo perché gli interventi di terapia cognitivo comportamentale non dovrebbero essere conflittuali. Le spiegazioni dovrebbero essere fatte usando le “dichiarazioni in prima persona” per aiutare a evitare che il paziente si senta minacciato. Ad esempio, un amico potrebbe dire: “Sento che la tua dipendenza dall’alcol ti impedisce di interagire con gli altri in modo sano”.

Quando il paziente è disposto ad accettare l’aiuto, il terapeuta generalmente interviene. Questa è la seconda parte della maggior parte degli interventi di terapia cognitivo comportamentale. Il terapeuta sta ora intervenendo sul modo in cui il paziente pensa e agisce, da qui l’uso della terapia cognitivo comportamentale, che si concentra su come i pensieri influenzano i comportamenti e viceversa. La teoria è che determinati eventi inducono il paziente a percepire il mondo in un modo specifico, mettendo in atto comportamenti risultanti. I comportamenti di solito alimentano anche i processi di pensiero, che generano i comportamenti, e così via in un ciclo che si autoalimenta.

Il compito del terapeuta è terminare il ciclo di cui sopra. Di solito inizia ponendo al paziente una serie di domande. Ad esempio, in questo caso, le prime domande potrebbero chiedere “Perché bevi?” o “Quando hai iniziato a bere?” Quando il terapeuta scopre perché questo paziente usa l’alcol come stampella, può iniziare a porre domande che lo portano a pensare in modo diverso.

Nello scenario di cui sopra, se il paziente è un uomo che beve per aiutarlo a dimenticare gli abusi infantili, potrebbe vedere il mondo come un luogo violento e inospitale. L’alcol può aiutarlo a isolarsi da quei sentimenti. Il terapeuta potrebbe fargli domande sui suoi amici e sul suo lavoro, e poi aiutarlo a capire che l’alcol lo allontana dalle cose belle della sua vita. Quando il paziente è in grado di modificare i suoi processi mentali, è probabile che i comportamenti seguano.