La funzione di consumo è un tentativo di esprimere, in modo matematico, il modo in cui funziona la spesa dei consumatori. Si basa su due tipi di spesa: spesa autonoma costante e spesa indotta che varia a seconda del livello di reddito. I critici della funzione di consumo suggeriscono che non tiene conto delle entrate future.
Esistono diversi modi per esprimere la funzione di consumo, ma comportano tutti l’aggiunta di due cifre. Una cifra è semplicemente la spesa autonoma. L’altra cifra è il reddito disponibile disponibile per i consumatori moltiplicato per la proporzione del reddito disponibile che viene speso per la spesa indotta, che è la spesa che varia con i livelli di reddito. Potrebbe includere beni e servizi visti come lussi, ma può anche includere l’acquisto di prodotti di migliore qualità utilizzati per le esigenze di base.
La spesa autonoma è la spesa che rimane la stessa indipendentemente dal reddito delle persone. In teoria, ciò includerebbe la spesa per beni di prima necessità come l’affitto o l’ipoteca, il cibo di base e l’abbigliamento. È possibile che il totale della spesa autonoma sia maggiore del totale del reddito. Ciò accadrebbe laddove l’economia fosse in condizioni difficili e, considerata come una media complessiva, le persone si affidavano a risparmi o prestiti per finanziare i loro bisogni di base.
La funzione di consumo utilizza una misura nota come propensione marginale al consumatore. Questo misura la quantità di reddito che i consumatori aumentano probabilmente spenderanno. La maggior parte degli economisti ritiene che questo non sia un fattore costante, ma piuttosto uno che diminuisce con il reddito. Ciò significa che sebbene la spesa per consumi aumenti con il reddito, non aumenta altrettanto rapidamente. Questo perché più denaro hanno le persone, più è probabile che sentano soddisfatte le loro esigenze e che siano in grado di decidere contro una spesa aggiuntiva “dispendiosa”.
La funzione di consumo è anche conosciuta come l’ipotesi del reddito assoluto. È stato originariamente sviluppato dall’economista John Maynard Keynes all’inizio del XX secolo. Gli studi moderni ritengono che sia una guida affidabile a breve termine, ma non si rivela così accurata a lungo termine.
Esistono diverse teorie che tentano di correggere questa mancanza. L’ipotesi del reddito permanente tiene conto della maggiore probabilità che le persone prendano in prestito denaro per spese “non necessarie” perché si aspettano di finanziarlo con entrate future, sia che si tratti di retribuzioni durante la loro vita lavorativa o di insuccessi, come l’eredità. L’ipotesi del ciclo di vita funziona su linee simili e suggerisce che la spesa annuale di un consumatore costituisce una percentuale stabile del reddito totale che prevede di superare la sua vita, tenendo conto della pensione.