Mentre la parola ulcera può riferirsi a qualsiasi tipo di piaga o lesione che non guarisce, nell’uso comune si riferisce tipicamente all’ulcera peptica, lesioni molto dolorose che si formano nello stomaco o nell’intestino. Per anni, se non secoli, si è creduto che fossero causati da stress e/o particolari tipi di cibo ed erano considerati una condizione cronica. Cioè, si pensava che le persone non potessero “curare” questa condizione, dovevano solo gestirla con antiacidi, dieta – mangiando solo cibi insipidi, per esempio – e abbassando i livelli di stress. Lo stereotipo classico del manager di tipo A oberato di lavoro lo descriverebbe mentre alzava il telefono e cercava antiacidi mentre si stringeva il tronco, con l’idea che lo stress lo stesse facendo ammalare.
Poiché lo stomaco è un ambiente altamente acido, si pensava che i batteri semplicemente non potessero vivere lì a lungo. Nel 1982, tuttavia, Robin Warren, un patologo australiano, dimostrò che i pazienti con ulcere croniche avevano anche colonie di batteri che abitavano il loro stomaco. Barry Marshall, della University of Western Australia, ha preso questa scoperta e, lavorando con Warren, ha localizzato e identificato il batterio in questione, che hanno chiamato Helicobacter pylori.
Le loro scoperte erano così contraddittorie con la saggezza convenzionale prevalente che il loro lavoro ricevette pochissima attenzione, anche se prometteva una cura permanente a questa condizione. In una drammatica dimostrazione della validità delle loro scoperte, il dottor Marshall si è deliberatamente infettato con l’Helicobacter pylori e si è procurato ulcere, che sono state poi curate con un ciclo di trattamento antibiotico. Tuttavia, ci sono voluti i successivi due decenni per rovesciare convinzioni di vecchia data sul trattamento di questo problema, e molti laici oggi credono ancora che sia cronico e incurabile. Nell’ottobre 2005, Warren e Marshall hanno ricevuto il Premio Nobel per la medicina, come riconoscimento per il loro lavoro pionieristico.