Il modello keynesiano è un insieme di teorie economiche introdotte da John Maynard Keynes. Il modello funziona sulla convinzione che il settore privato non sempre produce i risultati più efficienti per l’economia nel suo insieme. Promuove quindi un certo grado di intervento statale per influenzare l’economia, in particolare per gestire gli effetti del ciclo economico di crescita e recessione. L’applicazione pratica del modello keynesiano si colloca tra un’economia puramente basata sul mercato e un’economia puramente statale, e copre quindi la posizione della maggior parte dei principali paesi nel 21° secolo.
Le prime teorie economiche funzionavano sulla base del fatto che gli individui che prendevano decisioni avrebbero sempre agito razionalmente e che il mercato nel suo insieme avrebbe funzionato a sua volta in modo efficiente. Keynes ha sostenuto che c’erano diversi ostacoli a questo avvenimento. Uno di questi è che la natura umana significa che le persone sono più interessate all’importo effettivo del loro salario che al valore in termini reali del loro reddito, tenendo conto delle variazioni dei prezzi. Ciò significava che la relazione tra salari, livelli occupazionali e livelli dei prezzi non sarebbe sempre stata eseguita automaticamente. Ad esempio, le persone si rifiuterebbero di accettare un importo inferiore in dollari di salario, anche se i prezzi fossero diminuiti di una proporzione maggiore e quindi starebbero ancora meglio.
Keynes ha anche contestato l’idea che i movimenti dei tassi di interesse impedirebbero alle persone di risparmiare troppo a scapito della spesa, causando un calo della domanda di prodotti e servizi. Ciò è avvenuto per una serie di ragioni, in particolare perché i tassi di interesse sono decisi più dall’offerta e dalla domanda di denaro per i prestiti, che dal desiderio del pubblico di risparmiare. Ciò significava che un risparmio eccessivo poteva portare a una recessione.
Il modello keynesiano richiede una politica fiscale in cui i governi aumentano la spesa nei momenti in cui l’economia è in rallentamento. Ciò comporta una teoria descritta come il moltiplicatore. Questo afferma che se il governo spende per creare posti di lavoro, gli occupati avranno più soldi da spendere. Quindi richiederanno beni e servizi da aziende private, che a loro volta assumeranno più persone, che a loro volta avranno più soldi da spendere, e così via. L’idea è che l’aumento totale del reddito e della spesa nell’economia sarà un “multiplo” elevato della spesa pubblica originaria.
I critici del modello keynesiano ritengono che l’offerta di moneta nell’economia abbia un effetto maggiore. Sostengono inoltre che la spesa pubblica per “rilanciare” la crescita economica potrebbe semplicemente sottrarre personale e risorse al settore privato. Invece, i critici sostengono la politica monetaria, che sostiene misure come il controllo dei tassi di interesse per influenzare la quantità di denaro disponibile sia per i consumatori che per le imprese in prestiti. La maggior parte dei governi oggi utilizza una combinazione di politica fiscale e politica monetaria.
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