Le piante ottengono la loro energia in un modo molto diverso dal modo in cui le persone ottengono energia. Quando un essere umano ha bisogno di energia, mangia cibo. Quando una pianta ha bisogno di energia, utilizza il processo della fotosintesi per assorbire l’anidride carbonica dall’ambiente e utilizza la luce solare per convertirla in zuccheri, che è il tipo di energia di cui ha bisogno per sopravvivere. Gli scienziati hanno lavorato per replicare il processo della fotosintesi, cercando di sfruttare l’energia del sole in un modo nuovo, efficace ed ecologico, e la ricerca sulla fotosintesi artificiale ha prodotto risultati interessanti.
La capacità di produrre fotosintesi artificiale è stata annunciata per la prima volta nel 2000, sebbene la ricerca fosse già in fase di progettazione prima di allora. I ricercatori hanno fatto affidamento sull’effetto Honda-Fujishima, scoperto nel 1953 e che utilizza il biossido di titanio come fotocatalizzatore. Un fotocatalizzatore accelera i processi relativi alla luce e, in questo caso, all’energia.
A causa dell’interesse scientifico e commerciale per la fotosintesi artificiale e del desiderio di potenziali nuovi prodotti che potrebbero derivarne, il campo di ricerca si è diviso in due parti. Ciò ha prodotto due risultati diversi: celle fotoelettrochimiche e celle solari sensibilizzate al colorante. Ogni cellula opera su principi diversi ma cerca di ottenere lo stesso risultato: energia fotosintetica artificiale che può essere sfruttata e immagazzinata per un uso successivo, che ridurrebbe la dipendenza del mondo da fonti energetiche non rinnovabili.
Le celle fotoelettrochimiche, chiamate anche PEC, utilizzano la corrente elettrica dell’acqua per creare idrogeno e ossigeno in un processo chiamato elettrolisi. L’elettricità può quindi essere immagazzinata nell’idrogeno, che è un “vettore di energia”, e l’energia può essere utilizzata in seguito, come nelle batterie. Esistono due tipi di PEC, uno che utilizza superfici di semiconduttori per assorbire l’energia solare e aiutare a dividere le molecole d’acqua per l’uso energetico. L’altra varietà utilizza metalli disciolti per assorbire l’energia solare e avviare il processo di fotosintesi artificiale. I catalizzatori metallici più comuni per questo tipo di reazione sono il cobalto e il rodio. I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno scoperto che questi metalli sono i più efficaci per questo tipo di lavoro.
L’altro tipo di cella oggetto di ricerca, la cella solare sensibilizzata al colorante, è talvolta chiamata cella di Gratzel o cella di Graetzel. Come i PEC, le cellule di fotosintesi artificiale sensibilizzate al colorante utilizzano un semiconduttore per raccogliere energia, solitamente silicio. Nelle celle sensibilizzate al colorante, il semiconduttore viene utilizzato per trasportare l’energia raccolta e i fotoelettroni, o particelle di energia, vengono separati e imbrigliati utilizzando coloranti speciali. Le cellule di Gratzel sono considerate la forma più efficace di fotosintesi artificiale attualmente disponibile, nonché la più economica da produrre. Gli svantaggi sono principalmente dovuti a problemi di temperatura legati ai coloranti liquidi, perché questi possono congelare a temperature più basse e cessare la produzione di energia, espandersi a temperature più elevate e rompersi.
La ricerca è ancora in corso nel campo della fotosintesi artificiale, in particolare alla ricerca di migliori catalizzatori e meccanismi di trasporto dell’energia. Sebbene non siano la forma più efficace di produzione di energia disponibile, c’è ancora un grande interesse per loro a causa del loro alto rendimento potenziale, dei bassi costi di produzione e delle possibili implicazioni per l’ambiente. Se la fotosintesi artificiale potesse essere resa accessibile e affidabile, la dipendenza del mondo dai combustibili fossili non rinnovabili potrebbe essere notevolmente ridotta.