La teoria evoluzionistica ha fatto molta strada da quando Charles Darwin pubblicò L’origine delle specie nel 1859. Prima della sua pubblicazione, e in diretta concorrenza, Jean-Bapiste Lamarck stava promulgando una ben nota variante errata della teoria evoluzionistica: il lamarckismo o l’evoluzione lamarckiana. Lamarck pensava che i cambiamenti del corpo nel corso di una vita potessero essere tramandati agli antenati purché fossero comuni a entrambi i sessi della specie.
Ad esempio, la sua spiegazione del perché una giraffa ha il collo lungo è perché la giraffa ha avuto una storia di predecessori che hanno cercato sempre di più di raggiungere foglie alte su un albero, e di conseguenza la prole è nata con un collo più grande. È stato dimostrato che questa teoria dell’evoluzione è falsa: la differenza genetica tra genitori e figli può essere spiegata interamente dai loro geni e non richiede alcun riferimento alla vita quotidiana dei genitori.
La più importante teoria dell’evoluzione è nota come sintesi moderna o sintesi neodarwiniana, che è la combinazione della selezione naturale darwiniana con la genetica mendeliana e la teoria dell’ereditarietà cromosomica di Thomas Morgan. Questa teoria continua ad essere predominante fino ad oggi, con alcune piccole differenze.
Mendel, un monaco tedesco vissuto all’incirca nello stesso periodo di Darwin ma la cui opera non fu riscoperta fino al 1900, sperimentò ampiamente con le piante e scoprì i concetti di alleli (versioni diverse dello stesso gene), tratti dominanti e recessivi, e che il espressione di tratti diversi sono esclusivi l’uno dell’altro. L’evoluzione darwiniana e la selezione naturale sono solo l’idea che la vita si evolva in base a mutazioni casuali e pressioni selettive sugli individui che cercano di riprodursi.
Negli anni ‘1960 si rese necessario introdurre la visione “gene-centrica” della selezione naturale, non propriamente una teoria indipendente ma più una nota a piè di pagina sulla sintesi moderna. In questo periodo, alcuni biologi pensavano erroneamente che gli individui evolvono tratti per il bene della loro specie o del gruppo.
Per correggere ciò, era necessario proporre una visione dell’evoluzione incentrata sui geni, in cui gli organismi visti come le “macchine di sopravvivenza” dei geni, costruiti solo al solo scopo di trasmettere quei geni. Ad esempio, un gene può optare per un organismo con una durata di vita più breve e un ciclo riproduttivo più rapido se è questo che l’evoluzione sceglie. I geni non si preoccupano del benessere dei loro gusci, dell’organismo. Questa è probabilmente l’iterazione più sofisticata e recente nell’evoluzione in corso della teoria evoluzionistica.