Al suo centro, il concetto di suscettibilità ipnotica riguarda la capacità di una persona di essere ipnotizzata e fino a che punto quell’individuo sperimenta il processo. Storicamente, questa inclinazione è stata misurata utilizzando diversi test standardizzati basati sull’osservazione clinica e sul feedback del soggetto. Più recentemente, tuttavia, studi hanno dimostrato che potrebbe essere possibile determinare la reattività utilizzando apparecchiature diagnostiche.
Il termine suscettibilità ipnotica non si riferisce solo alla capacità di una persona di essere ipnotizzata, ma anche alla misura in cui si può rispondere. Ad esempio, la maggior parte degli individui sperimenterà l’aumento del rilassamento comune alla prima fase dell’ipnosi. La suggestione di sensazioni fisiche alterate, che spesso è il passo successivo nell’ipnosi, è vissuta da un minor numero di soggetti. Ad ogni fase del processo, una persona diventa statisticamente meno probabile che risponda. Pertanto, gli effetti più profondi dell’ipnosi, compresa la regressione dell’età e l’insensibilità al dolore, sono avvertiti dalla più piccola percentuale di persone.
I due test più comunemente usati per determinare la suscettibilità ipnotica sono l’Harvard Group Scale of Hypnotic Susceptibility (HGSHS) e la Stanford Hypnotic Susceptibility Scale (SHSS). Dei due, l’SHSS è più utile nel determinare l’inclinazione ipnotica in un individuo, mentre l’HGSHS è il migliore per l’analisi comparativa nelle popolazioni. Numerosi altri test possono essere usati per giudicare la profondità dello stato ipnotico, ma questi sono generalmente informali.
Nel 1989, i ricercatori della Pennsylvania State University hanno pubblicato uno studio che teorizzava che la suscettibilità ipnotica potesse essere misurata mediante elettroencefalografia (EEG). Fondamentalmente, l’attività cerebrale degli individui classificati come aventi punteggi chiaramente alti o bassi nei test di suscettibilità tradizionali è stata misurata registrando l’attività elettrica del cervello attraverso sonde sul cuoio capelluto. La conclusione dello studio è stata che questi individui hanno mostrato modelli notevolmente diversi di attività cerebrale, specialmente all’interno dell’area corticale cerebrale. Questi test hanno fornito agli psicologi un modo concreto per studiare un concetto che in precedenza era stato ampiamente soggettivo.
Oltre a fornire un modo per misurarlo, lo studio della Penn State ha anche fornito alcune informazioni sui fattori biologici che possono influenzare la suscettibilità ipnotica. In precedenza la scarsa suscettibilità era stata attribuita a componenti psicologiche, come la difensiva e la sfiducia. L’attenzione alla funzione cerebrale, tuttavia, ha dato origine a nuovi sviluppi. Una di queste scoperte, riportata in uno studio del 1996 della Washington University, è una forte correlazione tra la velocità del battito di ciglia naturale e la facilità con cui un soggetto può essere ipnotizzato.