Che cos’è la teologia classica?

La teologia classica è più comunemente usata per descrivere le credenze e le dottrine religiose che sono state tradizionalmente associate al cristianesimo tradizionale nel mondo occidentale e che sono state considerate autorevoli da molte chiese e teologi cristiani. Come altre teologie, la teologia classica contiene un insieme sistematico di credenze e argomenti su questioni religiose come la natura di Dio. Il termine è talvolta usato anche in riferimento all’ebraismo e all’Islam per riferirsi alle tradizionali credenze fondamentali di quelle religioni, ma in un contesto occidentale “teologia classica” senza ulteriori modificatori di solito significa teologia cristiana tradizionale.

Il termine “teologia classica” è stato ampiamente definito nei primi secoli del cristianesimo attraverso concili di vescovi come il Concilio di Nicea nel 324 d.C. e gli scritti di teologi paleocristiani come Sant’Ambrogio di Milano, Sant’Agostino d’Ippona e San Ireneo di Lione. Importanti teologi successivi in ​​questa scuola di pensiero includono san Tommaso d’Aquino e sant’Anselmo di Canterbury. Rimane enormemente importante nel cristianesimo nel mondo di oggi ed è l’influenza primaria sulle dottrine accettate dalle chiese ortodosse e cattoliche, nonché dalla maggior parte delle principali denominazioni protestanti.

La teologia classica concepisce Dio come un essere perfetto, onnipotente, onnisciente e onnibenevolo. Dio è considerato eterno, nel senso che è sempre esistito e non ha inizio nel tempo. A differenza di entità create come gli umani o l’universo nel suo insieme, la sua esistenza non è causata da nient’altro, una proprietà chiamata aseity. Poiché Dio nella teologia classica è sia perfetto che non causato da o dipendente da qualcos’altro, è eternamente immutabile o immutabile.

La visione classica vede anche Dio come un essere necessario, nel senso che Dio è un essere che non poteva non esistere; non c’è mondo possibile in cui Dio non esisterebbe. Ciò distingue l’esistenza di Dio dall’esistenza contingente di esseri creati, come gli umani, perché l’esistenza di un particolare essere o esseri diversi da Dio è causata da un particolare insieme di circostanze che avrebbero potuto essere diversamente. Tutto ciò che esiste all’infuori di Dio è considerato dipendente da Dio, come l’unico essere necessario e increato, per la sua esistenza.

L’indipendenza di Dio dalla causa esterna è anche comunemente presa per implicare che Dio è anche impassibile, nel senso che non prova sentimenti come piacere o dolore dalle azioni di altri esseri. I teologi che sostengono questo punto di vista sostengono che i riferimenti biblici a Dio che è arrabbiato, compiaciuto o simili non sono intesi letteralmente, proprio come il riferimento alla mano o al trono di Dio non si riferisce a parti del corpo fisico o a una sedia letterale su cui Dio siede . Invece, sono trattati come metafore per cose al di là della comprensione umana piuttosto che una descrizione di Dio che sperimenta stati emotivi mutevoli causati da eventi esterni nel modo in cui fa un essere umano.

La teologia cristiana classica considera Dio come un unico essere che è una trinità di tre persone uguali chiamate Padre, Figlio e Spirito Santo. Si crede che queste persone siano distinte e tuttavia unite come un unico essere, con tutte e tre le persone che hanno gli stessi attributi divini descritti sopra. Tutti e tre sono perfetti, onnipotenti ed eterni. La natura precisa della trinità è stata una delle questioni teologiche più intensamente controverse nella storia del cristianesimo. I punti di vista alternativi includono l’unitarismo, la convinzione che Dio sia una persona singola, e il modalismo, la convinzione che le persone che compongono la trinità siano tutte ugualmente divine ma siano aspetti, manifestazioni o modi di Dio invece di persone distinte. Nella fede mormone, la trinità è considerata non solo tre persone, ma tre esseri distinti che sono uniti nello scopo ma sono entità separate.
Gesù Cristo, nella visione classica, è l’incarnazione di Dio Figlio, che aveva una natura pienamente umana e una completamente divina unite in una sola persona. Si ritiene che la sua sofferenza e morte per crocifissione sia servita come espiazione per il peccato umano, rendendo possibile la salvezza e la riconciliazione con Dio per gli esseri umani. Gesù ha potuto soffrire durante la crocifissione perché possedeva una natura pienamente umana, anche se la sua natura divina rimaneva invalicabile. I rivali storicamente significativi di questa visione includono l’arianesimo, la credenza che Gesù fosse divino ma fosse un essere creato subordinato a Dio Padre piuttosto che coeterno con lui, e il monofisismo, la credenza che mentre Gesù aveva un corpo umano aveva solo un singolo natura divina.