I pericoli dell’uso dell’argento come antibiotico per via orale o topica includono l’accumulo di particelle, che può causare scolorimento irreversibile della pelle, danni agli organi e malfunzionamento del tessuto nervoso. Gli studi indicano che anche con le preparazioni topiche di argento colloidale, le particelle microscopiche viaggiano in tutto il corpo e possono essere trovate nei tessuti e nei fluidi corporei. L’avvelenamento da argento si verifica quando le particelle di metalli pesanti invadono le cellule e interrompono la normale funzione. In rari casi, i pazienti subiscono danni permanenti agli organi e possibilmente insufficienza d’organo.
È possibile acquisire l’argento come antibiotico in integratori liquidi non regolamentati, unguenti topici e all’interno di unguenti e medicazioni prescritte dal medico. Queste preparazioni contengono solitamente argento colloidale o sulfadiazina d’argento. Lo sviluppo di una condizione nota come argiria è uno dei pericoli più comuni dell’utilizzo dell’argento in questo modo. Quando le particelle d’argento si accumulano nel tessuto visibile, la pelle sviluppa una tonalità brunastra, che alla fine diventa di colore grigio ardesia. Lo scolorimento può verificarsi a livello locale o sistemico ed è irreversibile.
La ricerca indica che l’argento inibisce la vita e la capacità riproduttiva di batteri, funghi e virus. L’argento inizialmente interferisce con la respirazione cellulare. Le particelle penetrano nelle membrane cellulari e convertono l’ossigeno in acqua, quindi in perossido di idrogeno e infine in ioni idrossido. Le particelle di metalli pesanti entrano anche nei mitocondri.
Nei mitocondri, le particelle d’argento interrompono la capacità dell’organello di creare adenosina trifosfato (ATP), l’energia necessaria per la funzione cellulare. Gli studi suggeriscono anche che l’uso dell’argento come antibiotico provoca danni all’acido desossiribonucleico (DNA), inibendo la riproduzione cellulare. Le cellule colpite alla fine muoiono. Questa attività è desiderabile contro gli organismi patogeni, ma l’argento mostra la stessa attività verso le cellule sane.
Alcuni pazienti sperimentano avvelenamento da argento quando le particelle metalliche si accumulano nei reni o nel fegato. A seconda della quantità di interruzione dell’attività cellulare, si verificano danni ai tessuti e malfunzionamenti. Gli individui che usano la sulfadiazina d’argento possono anche sviluppare cristalli urinari o calcoli renali. Un danno esteso può evolvere in insufficienza d’organo.
L’uso dell’argento per un periodo di tempo prolungato potrebbe anche produrre attività convulsive. Le particelle metalliche interferiscono con la normale comunicazione delle cellule nervose attraverso interferenze chimiche o elettriche. Entrando nel flusso sanguigno, gli studi suggeriscono che la sulfadiazina d’argento potrebbe causare depressione del midollo osseo, diminuendo i livelli di globuli bianchi e piastrine. I pazienti diventano più inclini alle infezioni o sperimentano tempi di sanguinamento prolungati.
L’argento interferisce anche con l’assorbimento dei farmaci prescritti, rendendo queste formulazioni inefficaci. L’argento colloidale generalmente interagisce con antibiotici a base di penicillina, tetracicline e chinolonici. L’uso dell’argento come antibiotico ha anche ridotto l’efficacia dei farmaci sostitutivi della tiroide.